“Il patto di stabilità è stupido” – L’intervista originale a Romano Prodi

La ricreazione sta per finire per gli Stati dell’eurozona, il patto di stabilità e crescita sta per tornare, dopo il periodo di sospensione cominciato durante la pandemia. In vigore dal 1997 al 2019, in molti associano il PSC ad una dichiarazione di Romano Prodi che lo definì come “stupido”.

In pochi però sanno che tale affermazione venne fatta in occasione di un’intervista concessa al giornale francese “Le Monde” il 17 ottobre 2002 (altre fonti riportano il 18 ottobre come data) quando lui era a capo della Commissione Europea.

L’intervista che si intitola “La France sera en minorité si elle n’est pas le levain de l’Europe” è disponibile sia sul sito della testata francese che sul sito personale di Prodi. Vale la pena leggere la parte in questione, di seguito fornisco l’originale e la traduzione.

LA FRANCIA SARÀ IN MINORANZA SE NON SARÀ IL LIEVITO DELL’EUROPA

Le ministre français de l’économie, Francis Mer, a dit que la politique budgétaire se décidait dans les capitales. Qu’en pensez-vous?

Avec l’euro, si vous avez des divergences économiques entre les pays, il n’est pas possible de modifier les taux d’intérêt et de dévaluer la monnaie. Dans ce contexte, l’idée d’avoir des politiques économiques différentes est tout à fait folle. Quand vous avez la même monnaie, vous pouvez avoir des taux d’inflation différents pendant un an mais pas pendant trois ou quatre années. Le pacte de stabilité, c’est la façon d’être ensemble dans la même monnaie.

D: Il ministro dell’economia francese, Francis Mer, ha detto che la politica fiscale viene decisa nelle capitali. Cosa ne pensa?

R: Con l’euro, se ci sono divergenze economiche tra paesi, non è possibile modificare i tassi di interesse e svalutare la moneta. In questo contesto, l’idea di avere politiche economiche diverse è assolutamente folle. Quando si ha la stessa valuta, si possono avere tassi di inflazione diversi per un anno ma non per tre o quattro anni. Il patto di stabilità è il modo di stare insieme nella stessa moneta.

Le pacte de stabilité doit pouvoir évoluer avec la croissance?

Mais nous avons proposé des flexibilités nouvelles (en reportant de 2004 à 2006 la date de l’équilibre des finances publiques, et en demandant en contrepartie aux Etats de réduire chaque année de 0,5 % du PIB leur déficit structurel). Il n’est pas possible d’avoir des politiques divergentes. Je suis convaincu que la coordination des politiques économiques sera bientôt voulue par tous les Etats-membres. Mais le réalisme d’aujourd’hui, c’est le pacte de stabilité. Nous l’avons rendu plus intelligent. Mais s’il n’y a pas de limite de 3% des déficits publics, on ne pourra éviter les grands dérapages.

D: Il patto di stabilità deve poter evolvere con la crescita?

R: Ma abbiamo proposto nuove flessibilità (posticipando la data per il riequilibrio delle finanze pubbliche dal 2004 al 2006, e chiedendo in cambio agli Stati di ridurre il loro deficit strutturale dello 0,5% del PIL ogni anno). Non è possibile avere politiche divergenti. Sono convinto che il coordinamento delle politiche economiche sarà presto auspicato da tutti gli Stati membri. Ma il realismo di oggi è il patto di stabilità. Lo abbiamo reso più intelligente. Ma se non ci sarà un limite al 3% del deficit pubblico, non saremo in grado di evitare grandi scostamenti.

Avant l’euro, un pays peu rigoureux subissait une hausse des taux d’intérêt et risquait une dévaluation de sa monnaie. Aujourd’hui, où est le gendarme dans le système?

C’est la coordination des politiques économiques, c’est le pacte de stabilité. C’est le minimum du minimum. Le pacte de stabilité est imparfait, c’est vrai, parce qu’il faut avoir un outil plus intelligent, et plus de flexibilité, mais vous savez bien que si nous voulons flexibilité et intelligence, il faut avoir l’autorité.

D: Prima dell’euro, un paese poco rigoroso subiva un aumento dei tassi di interesse e rischiava una svalutazione della propria valuta. Oggi, dov’è il poliziotto nel sistema?

R: È il coordinamento delle politiche economiche, è il patto di stabilità. Questo è il minimo del minimo. Il patto di stabilità è imperfetto, è vero, perché occorre avere uno strumento più intelligente, e più flessibilità, ma voi sapete bene che se vogliamo flessibilità e intelligenza, bisogna avere l’autorità.

Vous l’avez ?

Non, c’est clair que non, personne n’a l’autorité. C’est le problème.

D: Ce l’avete?

R: No, è chiaro che no, nessuno ha l’autorità. Questo è il problema.

Les marchés financiers avaient plus d’autorité?

Oui. Dans l’euro, il n’est pas logique d’avoir la direction sans avoir de guide pour la suivre. On ne peut pas avoir une Europe florissante, forte, en croissance, sans pouvoir ajuster ses décisions selon les moments. Je sais très bien que le pacte de stabilité est stupide, comme toutes les décisions qui sont rigides. Si on veut ajuster celles-ci, il faut avoir l’unanimité, et cela ne marche pas. Il ne suffit pas d’avoir l’intelligence, nous l’avons. Il faut aussi le pouvoir de décider.

D: I mercati finanziari avevano più autorità?

R: Sì. Nell’euro non è logico avere una direzione senza avere una guida per seguirla. Non possiamo avere un’Europa fiorente, forte e in crescita senza essere in grado di adeguare le nostre decisioni ai tempi. So benissimo che il patto di stabilità è stupido, come tutte le decisioni rigide. Se vogliamo adeguarli, dobbiamo raggiungere l’unanimità, e questo non funziona. Non basta avere l’intelligenza, ce l’abbiamo. Serve anche il potere di decidere.

CONSIDERAZIONI DOPO 20 ANNI

Come avete potuto leggere, all’inizio dell’intervista Prodi si dichiara consapevole che, in caso di divergenze economiche, gli stati ex-sovrani non possono più contare sui tradizionali strumenti di politiche monetaria, ovvero l’aggiustamento del cambio e dei tassi di interesse. E che tassi di inflazione differenti, alla lunga, non sono sostenibili.

Questo perché nei Paesi con l’inflazione più elevata, contribuiscono a provocare un apprezzamento del tasso di cambio reale – vedi quelli del sud Europa nel grafico sotto – con conseguente perdita di competitività e aumento delle importazioni. Per l’Italia si è tradotto in un deficit di bilancia commerciale nel periodo 2005-2011.

FONTE: AMECO – Real effective exchange rates (XUNRV), anno di riferimento spostato dal 2015 al 1999. Un aumento dell’indice comporta una perdita di competitività.

Tutti fattori che hanno presentato il conto durante la crisi dei “debiti sovrani”, che in realtà fu di debito privato, in cui anche le regole del PSC hanno contribuito, come confermato da una esponente dell’OCSE al Financial Time (qui un articolo italiano che lo commenta).

Ci si poteva opporre alle politiche di austerità intrinseche nel PSC? Ricordate il passaggio dove Prodi diceva che “i mercati finanziari avranno più autorità”? Bene, ecco che nel 2011 facemmo la conoscenza del mai menzionato prima “spread BTP-Bund“. La risposta è dunque negativa, tant’è vero che al culmine di questa crisi vennero inasprite dal trattato fiscal compact.

E sempre con il senno di poi, la crescita dell’eurozona a malapena raggiunge l’1%, questo dal 2008 (anno della crisi finanziaria globale) ad oggi, anche escludendo il triennio del coronavirus. Insomma la crescita dell’eurozona è più vicina ad una stagnazione, pur con importanti differenze fra Paesi.

FONTE: FMI – World Economic Outlook (April 2023)

Ma soprattutto che l’eurozona fa sistematicamente inferiore alla media delle altre economie avanzate. Evidenza che non ha affatto pagato la decisione di aver rinunciato ai tradizionali strumenti di politiche monetaria e di aver limitato le capacità di spesa in deficit dello Stato. Altro che “unione che fa la forza” o “competiamo con le economie emergenti”.

E questo vale anche nel periodo di sospensione del PSC, dove l’eurozona è andata leggermente meglio grazie a politiche più espansive, e che a quanto pare poteva essere sospeso in qualunque momento. Solo che disoccupazione, povertà, precariato, emigrazione non erano considerati un problema abbastanza grave contrariamente invece a quanto è stata giudicata la pandemia.

E oggi siamo tornati al ritornello degli anni pre-covid dove si prova a invocare “maggiore flessibilità” e di provare a cambiare le regole europee. Nell’articolo preso prima dal sito di Prodi, l’ex premier si lamentava, nel 2014, dei singoli Stati UE che difendono gli interessi nazionali anziché (l’inesistente) interesse comunitario.

E dunque che cosa stiamo continuando a fare, che se per riformare le regole occorre anche il consenso di quei Paesi, Germania in primis, che non accetteranno mai una riforma più “permissiva” delle regole di bilancio, proprio perché usano l’UE come braccio armato dei propri interessi?

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico, continuare a insistere – con decenni di evidenze ormai acclarate – o è da “stupidi” (semi-cit) o è da collaborazionisti. Ma tanto questa volta il governo riuscirà a cambiare l’UE dall’interno, fidatevi.