Il MSI su Maastricht: “riflettere bene prima di consegnarci alla Bundesbank” (17 settembre 1992)

Questo è il secondo articolo riguardo i discorsi integrali fatti, alla Camera e al Senato, quando si discuteva riguardo la ratifica del trattato di Maastricht.

In un precedente pezzo, avevamo visto un lungo documento del MSI fortemente critico verso il trattato, fatto il 15 settembre 1992.

Ora vedremo la posizione del Movimento Sociale Italiano, leggendo le dichiarazioni di due senatori fatte due giorni dopo, il 17 settembre 1992.

Il link alla seduta è questo qui, mentre l’audio (sotto) è preso dall’archivio di Radio Radicale.

Ecco gli interventi, in quest’ordine, di Cesare Pozzo (anche audio) e Francesco Pontone, oggi nessuno dei due risulta vivo.

Buona lettura e/o ascolto.


IL DISCORSO DI POZZO (pag 131)

FONTE: Senato – Archivio XI legislatura

POZZO, relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, devo innanzitutto ringraziare il senatore Fanfani, presidente della Commissione affari esteri, per l’intervento (1) che ha svolto e che è in linea con lo sforzo che egli stesso e tutti i membri della Commissione hanno compiuto, fin dall’inizio dei nostri lavori, per elevare il tono del dibattito. Do atto al relatore di maggioranza di tale sforzo, che è collegiale e fortemente rappresentativo, nella misura in cui il Presidente si è rifatto ad oltre quarantasei anni di storia italiana.

(1) L’intervento di Fanfani si trova a pagina 113 della stessa seduta.

Tuttavia, noi restiamo fermi sulla nostra posizione, che non è motivata da impulsi emotivi e non è giustificata, in sé e per sé, neppure da quanto sta accadendo, in quanto tutto ciò era scontato. A tale proposito, devo ringraziare il collega Rastrelli perché si è rifatto ad un’intuizione, ad un senso di realismo che aveva caratterizzato fin dall’inizio le mie prese di posizione nell’ambito della Commissione affari esteri.

Adesso c’è di nuovo il collasso della lira, che non può non restare senza conseguenze politiche. La stessa decisione di sospendere il mercato dei cambi, in conseguenza di quanto sta accadendo nei rapporti con le valute europee, impone (o imporrebbe) – la sospensione della ratifica del Trattato di Maastricht. «Bisogna valutare appieno le lesioni che i fatti di questi giorni stanno provocando alla nostra sovranità monetaria e riflettere bene prima di consegnarci mani e piedi alla Bundesbank». Questa è la dichiarazione con cui il segretario del Movimento sociale italiano (2) ha definitivamente chiarito le nostre intenzioni circa il nostro voto finale in dibattito.

(2) Il segretario era Gianfranco Fini

Mi accingo pertanto ad illustrare gli ordini del giorno nn. 23, 27, 28 e 30, da noi presentati, nel contesto di un intervento che sarà necessariamente breve, rendendomi conto che non è possibile neanche tentare in questa sede un’analisi di una materia che invece andrebbe approfondita, dato il tono del dibattito.

Essi si rifanno ad alcune valutazioni, che vorrei svolgere brevemente. Nei nostri interventi ricorre il riferimento alla preoccupazione di trovarsi di fronte ad un esproprio della sovranità politica. Come immaginare un’efficace unificazione economica e monetaria in mancanza di una cornice giuridica e politica comune che sola può regolare problemi come quelli dell’immigrazione, della droga e della criminalità organizzata e assicurare in tal modo le condizioni necessarie per la stabilità economica e monetaria?

La sovranità — ripeto — è il contrassegno essenziale di uno Stato. Essa può essere definita come la suprema autorità che lo Stato deve avere nell’ambito che gli è proprio per raggiungere il suo fine, cioè il bene pubblico dei cittadini.

Lo Stato può delegare alcune competenze in base al principio della sussidiarietà, ma non può eliminare in radice la propria sovranità, come accadrebbe al termine del processo di unificazione di Maastricht. Ciò significherebbe la scomparsa degli Stati nazionali.

E veniamo al tema dell’immigrazione, che è una delle nostre preoccupazioni essenziali. Quali sono le prevedibili conseguenze del Trattato di Maastricht?

Il primo obiettivo dell’immigrato extracomunitario sarà quello di ottenere la cittadinanza dell’unione; perciò, in assenza dì una legislazione rigorosamente uniforme, egli sceglierà il paese che consente un più facile accesso alla cittadinanza nazionale, che automaticamente comporterà la cittadinanza europea.

FONTE: Trattato di Maastricht (pag 7)

La seconda riflessione su questo tema è che, una volta ottenuta la cittadinanza europea, il passo successivo sarà quello di spostarsi, in base all’assoluto diritto di circolazione, verso il luogo di residenza prescelto nel territorio dell’unione.

Terza riflessione a proposito di questo immane problema: il probabile sovraffollamento di oltre due milioni di immigrati, che si andranno ad aggiungere al milione e mezzo già presente in Italia. Si può immaginare su quale scenario stiamo cercando di ragionare. Cerco pertanto, in maniera accorata di richiamare la vostra attenzione, perché è un atto non dovuto, ma pienamente ragionato quello di prendere in esame la conseguenze di Maastricht sul problema dell’immigrazione. Questo Trattato assegna il diritto di elettorato attivo e passivo di cui l’immigrato fruirà nel luogo di residenza, permettendogli di inserirsi nelle strutture politiche europee a livello locale e a livello sovranazionale, gli unici due livelli politici di rilievo una volta dissolti gli Stati nazionali.

Allora, colleghi, verso cosa andiamo, a parte la fretta, la concitazione che abbiamo denunciato fin dall’inizio di questi lavori? Nello scenario economico e sociale nel quale ci troviamo a ragionare, chiusi e lontani dalla gente in quest’Aula, a quali conseguenze sul piano economico porterà questo Trattato, che si tenta di far votare con estrema disinvoltura come se fosse una necessità dovuta?

La prima fase del processo di unificazione di Maastricht prevede, a partire dal 1° gennaio 1993, la caduta delle frontiere politiche ed economiche all’interno della Comunità e la creazione di un grande mercato unico europeo. Quali saranno le conseguenze di questa svolta? Quasi tutte le nazioni europee producono merci di eccellente qualità, dai vini ai tessuti, e generalmente ogni nazione è la principale consumatrice dei propri prodotti. Con la soppressione delle barriere doganali in Europa circoleranno e si consumeranno i prodotti economici di tutti gli Stati europei e così nessuna industria manterrà la certezza di una base economica nel paese in cui è impiantata.

La conclusione di questa riflessione è che i mercati più deboli saranno invasi da capitali, merci e servizi stranieri ben più competitivi; sopravviveranno solo le imprese maggiori capaci di darsi una dimensione multinazionale. Alle piccole e alle medie imprese resterà l’alternativa di accorparsi alle grandi in posizione subordinata, oppure di fallire.

Mi ha stupito profondamente la posizione di taluni Gruppi politici che si rifanno o si dichiarano favorevoli alla tutela degli interessi delle piccole e medie imprese, perché questa sarà la conclusione di un voto favorevole al Trattato di Maastricht. È una cosa della quale tutti dovremo rispondere dinanzi agli elettori, di fronte ai quali, prima o poi, torneremo a presentarci e a rendere conto del nostro operato. (Interruzione del senatore Piccoli).

Dico queste cose certamente in termini di volontà unitaria, senatore Piccoli, ma anche con l’assunzione piena delle nostre responsabilità in campo sociale ed economico.

Avendo utilizzato solo il tempo strettamente necessario, do per illustrati gli ordini del giorno che ho prima indicato. Si intendono quindi illustrati tutti gli ordini del giorno che si riferiscono ai problemi di cui ho parlato.

Mi consentirete di concludere con un’osservazione, su cui richiamo l’attenzione del Gruppo della Lega Nord. La meta del Trattato che vi accingente a votare è un megastato europeo e microstati regionali. Capisco benissimo quale sia la tendenza tacita di questa scelta. Questo trasferimento di poteri e competenze fin qui attribuite ai Governi e ai Parlamenti nazionali avverrebbe secondo due direttive diverse: da una parte, verso le istituzioni sovranazionali, cioè verso il megastato europeo; dall’altra, verso le realtà comunali e regionali, che tenderebbero a divenire veri e propri microstati. (Commenti del senatore Piccoli).

Onorevole Piccoli, lei ha ragione: questo è un attentato alla unitarietà nazionale, una lesione dei diritti di sovranità nazionale. Così la vedo io e penso di non essere molto lontano dalla sua visione nazionale e unitaria dei nostri interessi. (Brusio in Aula).

In questa prospettiva disgregatrice si situa un capitolo del Trattato di Maastricht che qualcuno poco fa ha definito una vera e propria bomba ad orologeria nel cuore del nostro continente: l’attribuzione di una cittadinanza europea ad ogni cittadino dei diversi Stati nazionali. Torno a richiamare la vostra attenzione su questo passaggio estremamente importante.

Concludo questo brevissimo e necessariamente sintetico intervento rifacendomi alla relazione iniziale e cercando di chiarire l’intenzione precipua del Movimento sociale italiano. Noi non siamo per un’Europa raccogliticcia e monetaria. Siamo e ci sentiamo vicini ad una concezione di una civiltà europea che abbia un suo spirito, che abbia il rispetto delle sue tradizioni, che si richiami ad un valore elementare che ritengo possa essere condiviso: quello dell’uomo al di là degli sbarramenti ideologici, di chi lavora e produce, di chi studia ed ha diritto al rispetto della sua vocazione innanzitutto europea, nazionale ed italiana. (applausi dal Gruppo del MSI-DN. Congratulazioni).


IL DISCORSO DI PONTONE (pag 152)

FONTE: Senato – Archivio XI Legislatura

PONTONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di qualunque altra cosa, partecipando al dibattito di ratifica del Trattato di Maastricht, non posso non evidenziare come la vocazione europeista del Movimento sociale italiano-Destra nazionale abbia finora coerentemente trovato esito nella votazione dei fondamentali atti in materia, dal Trattato di Roma allo SME, superando sempre evidenziate carenze e cercando di realizzare un molo dell’Europa che sinora è mancato.

Noi del MSI-DN abbiamo sempre voluto una Comunità europea capace di divenire centro di propulsione di integrazioni nel rispetto delle specificità nazionali ed abbiamo sempre richiesto incisive revisioni istituzionali per lo sviluppo dei poteri del Parlamento europeo.

In particolare il MSI-DN resta perplesso considerando che il Governo non sa dare risposte nel quadro comunitario a drammatici problemi, quali quelli della fase dell’integrale trasferimento della sovranità monetaria e la prevista creazione di un unico istituto di emissione che porti ad una conseguente sottrazione ai Governi nazionali di gran parte degli strumenti classici della moneta e della economia; quali quelli della incontrollabilità sulle decisioni che dovrebbe prendere la Banca centrale europea, tali da poter creare una oligarchia finanziaria europea, le cui decisioni non passino all’indispensabile vaglio di un controllo politico e popolare; nonché i problemi della integrazione economica, con riferimento ai sacrifici che riguardano i lavoratori. In particolare per l’occupazione vi è da valutare quanto si va creando ai confini degli Stati membri per le nuove realtà economiche e regionali che «saltano» le frontiere degli stessi Stati, raccomandando ai Governi nazionali di evitare che tali trasversalità regionali degradino in un disfacimento territoriale nazionale. Il Governo, poi, non sa dare risposte nel quadro comunitario ai problemi della cittadinanza europea e a quello di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive con le questioni correlate agli articoli 48 e 51 della Costituzione; ai problemi della riforma agricola comunitaria, per il sacrificio denunciato di 800.000 aziende agricole su un totale di 1.200.000 imprese.

Inoltre va detto che ancora non si comprende bene quale sia la posizione del Governo dopo la bocciatura del Trattato di Maastricht decisa con il referendum danese (3).

(3) Si era svolto il 2 giugno 1992, sopra un articolo dell’epoca preso da La Stampa del giorno successivo

Che farà l’Italia? Vorrà continuare il percorso a undici? Oggi si potrebbe dire a dieci. Vorrà cercare soluzioni nuove? Vorrà tentare di aggiornare e rinegoziare il Trattato? E con quali proposte?

Ed è possibile, sulle tematiche comunitarie, indire un referendum popolare? Qual è il parere del Governo? Le risposte sono finora vaghe, incerte. L’unica cosa che si cerca di Fare è di offrire a Mitterand, in previsione del referendum (4), il voto favorevole di almeno un ramo del Parlamento italiano. Ed intanto, mentre sussiste la questione del voto negato ad oltre cinque milioni di italiani all’estero, a decine di milioni di immigrati e prossimi immigrati extracomunitari si lascia credere che essi potranno subito divenire cittadini d’Europa.

(4) Il referendum in Francia si svolse 3 giorni dopo, il 20 settembre 1992

Ed intanto il rapporto Moody’s boccia la nostra economia, equiparandoci a Singapore; il Fondo monetario internazionale ci fa conoscere nel suo rapporto semestrale dei dati desolanti; il «World Economic Forum» ci classifica in posizioni bassissime e gli ultimi avvenimenti portano l’Italia al fallimento.

Inoltre, la programmazione di un equilibrato sviluppo sociale tramite uno spazio europeo senza frontiere interne e la affermazione di una chiara identità europea sulla scena internazionale, anche tramite l’attuazione di una politica estera di sicurezza comune sono per l’Italia soltanto meri, vaghi, fumosi enunciati scritti nel Trattato.

Ben poco si è fatto da parte del Governo italiano per fugare le giustificate perplessità che crescono in Francia ma anche in Italia.

L’Europa nata a Maastricht non è quella per cui il MSI-DN da anni lotta in tutte le sedi, ivi comprese le piazze d’Italia.

I nostri governanti nel trattare le clausole ben altro avrebbero potuto e dovuto chiedere: invece hanno taciuto.

Oggi siamo qui nel Parlamento nazionale, a conclusione di una maratona inqualificabile e di una affrettata discussione, a chiusura di un dibattito per esprimere un voto. Noi senatori del MSI-DN, sentiamo e confermiamo l’orgoglio di sentirci cittadini italiani e cittadini europei.

Oggi l’Italia va in pezzi, la lira è stravolta, la borsa crolla, i cambi sono chiusi, l’Italia lascia lo SME e non sappiamo se e quando rientrerà ed a quali condizioni.

Un terremoto politico, economico e finanziario si è verificato in questi giorni, l’Italia è con le spalle al muro mentre la maggioranza sorda e cieca va avanti senza sentire il dovere di sospendere ogni dibattito ed ogni decisione fino ad un chiarimento della situazione internazionale.

È assurdo ed impensabile che il Governo non senta il dovere di dimettersi per dare vita ad un Governo diverso che sia all’altezza della grave situazione e che sappia e possa meglio tutelare gli interessi dell’Italia.

Per questi motivi, credendo nell’Europa e volendo ancora e sempre lottare per la sua unità non partecipiamo alla votazione ed abbandoniamo l’Aula per esprimere la nostra protesta per questa farsa e la nostra condanna per il Governo in carica, che ha dimostrato di essere incapace di tutelare gli interessi dell’Italia. (Applausi dal Gruppo dell’MSI-DN. Congratulazioni). (I senatori del MSI-DN abbandonano l’Aula).