L’antifascismo secondo i padri costituenti

Nonostante siano passati più di 70 anni dal termine della seconda guerra mondiale, si parla spesso di antifascismo in contrapposizione ad un inesistente fascismo, come nella foto di copertina (fonte originale l’archivio del Comune di Modena).

I sedicenti antifascisti di oggi spesso si appellano alla costituzione, ignorandone completamente i contenuti. Allora ecco, direttamente dai verbali dell’assemblea costituente il vero significato dell’antifascismo, direttamente dalle parole di chi ha scritto la Costituzione del 1948, buona lettura.

LUCIFERO (4 Marzo 1947)

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed049/sed049nc.pdf (pag 6 e 8)

Si pone in questa sede la crisi fondamentale del fascismo e dell’antifascismo. L’antifascismo ha avuto una nobilissima missione finché c’era il fascismo, perché era la negazione del fascismo ed era la lotta contro di esso. Ma se l’antifascismo volesse continuare a sopravvivere al fascismo, diventerebbe semplicemente un fascismo alla rovescia. E molte delle cose che ho accennate — e le ho accennate con intenzione — erano proprio cose fasciste applicate da antifascisti. E badate bene, la colpa non è tutta degli antifascisti — fra i quali del resto, sono anch’io — ma degli Alleati. Gli Alleati vennero in Italia non comprendendo nulla delle cose italiane, e credettero di debellare il fascismo facendo la lotta ad uomini e ad istituti; ma la lotta al metodo ed alla concezione fascista non l’hanno fatta mai. Anzi sono stati loro i primi a proseguire nei metodi fascisti.

Bisogna dunque debellare ogni sopravvivenza fascista, bisogna chiudere il periodo del metodo fascista perché il fascismo va definitivamente eliminato. Quindi la Costituzione dovrà essere e deve essere non antifascista soltanto ma qualche cosa di più: dovrà essere afascista. Il fascismo non ci deve più entrare né in forma positiva né in forma negativa. Il fascismo deve essere cancellato, non deve più esistere, nemmeno come numero negativo. Oggi la Costituzione deve condurci all’afascismo, verso quella concezione che resta liberale perché è la concezione di uno Stato di uomini liberi, la cui libertà è negazione del fascismo. E solo afascista può essere lo Stato democratico perché la democrazia (mi perdoni l’onorevole Togliatti) non ammette aggettivazioni. La democrazia è una, la democrazia è un piano sul quale ciascuno di noi combatte la propria battaglia e nel quale ciascuno di noi trova le sue garanzie. La democrazia non può essere né nostra, né vostra, né loro; la democrazia è di tutti, come la libertà, che, se non è di tutti, non è di nessuno. (…)

Qual è la posizione di noi liberali di fronte a questa Costituzione? È necessariamente una posizione apartitica. Come in questo momento, in questa aula, è vuoto il banco del Governo e gli uomini del Governo hanno cessato di essere tali, così anche noi liberali di fronte alla Costituzione ci troviamo in una posizione particolare. La Costituzione potrà essere la nostra, soltanto se sarà anche quella degli altri. Noi pensiamo, cioè, che la Costituzione sarà veramente una buona Costituzione, se qualunque pensiero democratico potrà in essa trovare il suo libero e sicuro svolgimento; se lascerà ad ogni pensiero democratico la possibilità di svilupparsi, ma non costringerà nessuna corrente di pensiero democratico a dovere assumere un atteggiamento contrario alla legge, alla Costituzione, per potere attuare quello che è il suo programma. (…)

Nella seduta del 13 novembre 1946, in una animata discussione con dei colleghi di opinione diversa, non di questo settore, l’onorevole Togliatti uscì in questa frase che io segnai, dicendogli che oggi glie l’avrei ricordata: «Vogliamo che questa Costituzione sia quella di tutte le possibili ideologie.». Io, in quel momento, ho sentito quanto profonda sia l’esigenza della libertà e come essa sia assorbente di tutto. Io non avrei saputo dire meglio e aggiungo, perché ero presente, che non avrei saputo dire con maggior convinzione di quella con cui l’onorevole Togliatti ha fatto questa affermazione. Questa affermazione, onorevole Togliatti, che le fa onore, è bellissima, ma — mi perdoni tanto — è la più schietta affermazione liberale che un uomo possa fare.

CALAMANDREI (4 MARZO 1947)

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed049/sed049nc.pdf (pag 31-32)

C’è nelle disposizioni transitorie, del progetto, un articolo che proibisce «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista». Non so perché questa disposizione sia stata messa fra le transitorie: evidentemente può essere transitorio il nome «fascismo», ma voi capite che non si troveranno certamente partiti che siano così ingenui da adottare di nuovo pubblicamente il nome fascista per farsi sciogliere dalla polizia. Se questa disposizione deve avere un significato, essa deve esser collocata non tra le disposizioni transitorie, e non deve limitarsi a proibire un nome, ma deve definire che cosa c’è sotto quel nome, quali sono i caratteri che un partito deve avere per non cadere sotto quella denominazione e per corrispondere invece ai requisiti che i partiti devono avere in una Costituzione democratica. Sarà la organizzazione militare o paramilitare; sarà il programma di violenze contrario ai diritti di libertà; sarà il totalitarismo e la negazione dei diritti delle minoranze: questi od altri saranno i caratteri che la nostra Costituzione deve bandire dai partiti, se veramente vuol bandire il fascismo. E per controllare la giusta repressione di questi caratteri, bisognerà creare un organo apposito, fornito di adeguate garanzie giuridiche e politiche; in mancanza di che accadrà che il partito fascista, di fatto se non di nome, sarà vietato o permesso secondo quel che parrà alle autorità politiche locali, sotto l’influsso delle correnti prevalenti; e magari si troveranno autorità politiche che si varranno dell’articolo 47 per impedire la vita di un partito in sé sinceramente democratico. Allora contro il provvedimento il partito ingiustamente soppresso ricorrerà al Consiglio di Stato; ma il Consiglio di Stato vi dirà che questo è un atto compiuto nell’esercizio di un potere politico che si sottrae al suo controllo. Quando invece si avesse una sezione della Corte costituzionale per verificare quali sono i partiti che corrispondono, per la loro organizzazione e per i loro metodi, alla definizione data dalla Costituzione, vi sarebbero garanzie molto più sicure per poter impedire ai partiti antidemocratici di risorgere ed ai partiti democratici di non essere soppressi e perseguitati da soprusi ed arbitrì di polizia.

TOGLIATTI (11 MARZO 1947)

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed058/sed058nc.pdf (pag 14-15)

Alcuni dei principali responsabili della nostra catastrofe sono stati duramente puniti. Sono scomparsi. Con altri abbiamo voluto essere magnanimi per non aprire lacerazioni troppo profonde nel corpo della Patria. La questione della responsabilità rimane però aperta per quello che si riferisce alla classe dirigente come tale. Rimane aperto il problema dell’avvento di una nuova classe dirigente alla testa di tutta la vita nazionale. La nuova Costituzione deve essere tale che per lo meno apra la via alla soluzione di questo problema.

Ma accanto alla questione della responsabilità si pone, immediatamente, quella delle garanzie per l’avvenire. Vogliamo che quello che è avvenuto una volta non possa più ripetersi. Non vogliamo più essere lo zimbello del giuoco, più o meno aperto, più o meno palese, di gruppi che vorrebbero manovrare a loro piacere la vita politica italiana perché concentrano nelle loro mani le ricchezze del Paese. Questo è avvenuto nel passato. Vogliamo evitare continui nell’avvenire. A questo scopo chiediamo anche delle garanzie costituzionali.

Per questo, onorevole Lucifero, vogliamo non una Costituzione afascista, ma antifascista. Quando diamo questo appellativo alla Costituzione che stiamo per fare, intendiamo precisamente dire che la Costituzione ci deve garantire, per il suo contenuto generale e per le sue norme concrete, che ciò che è accaduto una volta non possa più accadere, che gli ideali di libertà non possano più essere calpestati, che non possa più essere distrutto l’ordinamento giuridico e costituzionale democratico, di cui gettiamo qui le fondamenta. Ma la sola garanzia reale, seria, di questi, è che alla testa dello Stato avanzino e si affermino forze nuove, le quali siano democratiche e rinnovatrici per la loro stessa natura. Tali sono, o signori, le forze del lavoro!

Questa ritengo sia la sola impostazione concreta possibile che si possa dare al problema della nostra nuova Costituzione. Questa impostazione, come vedete, lascia da parte le ideologie. Onorevole Lucifero, ella si è meravigliato che io abbia affermato, in una riunione della prima Sottocommissione, che desideravamo una Costituzione che mettesse da parte le ideologie.

LUCIFERO. Me ne sono compiaciuto, onorevole Togliatti.

TOGLIATTI. Bene; ma, veda, onorevole Lucifero, per noi questa è una cosa elementare. L’ideologia non è dello Stato, l’ideologia è dei singoli o, se ella vuole, è dei partiti, e anche non sempre, perché posso concepire un partito nel quale confluiscano differenti correnti ideologiche per l’attuazione di un unico programma. Non impostazione ideologica, dunque, ma impostazione politica concreta, derivante da una visione esatta della situazione in cui si trova oggi l’Italia.

Perciò noi non rivendichiamo una Costituzione socialista. Sappiamo che la costruzione di uno Stato socialista non è il compito che sta oggi davanti alla Nazione italiana. Il compito che dobbiamo assolvere oggi non so se sia più facile o più difficile, certo è più vicino. Oggi si tratta di distruggere fino all’ultimo ogni residuo di ciò che è stato il regime della tirannide fascista; si tratta di assicurare che la tirannide fascista non possa mai più rinascere; si tratta di assicurare l’avvento di una classe dirigente nuova, democratica, rinnovatrice, progressiva, di una classe dirigente la quale per la propria natura stessa ci dia una garanzia effettiva e reale, che mai più sarà il Paese spinto per la strada che lo ha portato alla catastrofe, alla distruzione.

LUCIFERO (12 MARZO 1947)

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed059/sed059nc.pdf (pag 2)

L’onorevole Togliatti, rivolgendosi a me ha detto: «Noi vogliamo non una Costituzione afascista, ma antifascista»; ed ha specificato che ciò voleva — ed aggiungo: vogliamo — «per assicurare che la tirannide fascista non possa mai rinascere». Ora tengo, a chiarimento del mio pensiero che forse l’altra volta non espressi con sufficiente chiarezza, a specificare che dissi precisamente questo: «La Costituzione dovrà essere non antifascista soltanto, ma qualcosa di più: dovrà essere afascista». E questo trova la spiegazione proprio nella frase dell’onorevole Togliatti. L’onorevole Togliatti ha detto: «Noi non vogliamo che torni la tirannide fascista e quindi siamo antifascisti». In questo siamo tutti antifascisti. Ma non basta. Si adombrano oggi nel mondo altre tirannidi. Quindi, non basta essere antifascisti soltanto; bisogna essere contrari a tutte le tirannidi, qualunque ne sia il nome e qualunque aspetto esse possano prendere.

Questo non è più l’antifascismo che si dirige contro il fascismo, ma è l’afascismo, cioè il superamento della concezione del fascismo in forma positiva ed in forma negativa. E ciò tanto più in un momento in cui abbiamo ascoltato dei discorsi preoccupanti, come quello dell’onorevole Nenni, e che stiamo discutendo una Costituzione che non io, ma un maestro insigne come l’onorevole Orlando, ha definito totalitaria. (Applausi a destra).

ALDO MORO (13 MARZO 1947)

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed060/sed060nc.pdf (pag 11-12)

Diceva l’onorevole Lucifero, nel corso del suo interessante intervento in sede di discussione generale, riprendendo un’idea lungamente espressa nella nostra cordiale discussione in sede di Sottocommissione, che era suo desiderio che la nuova Costituzione italiana fosse una Costituzione non antifascista, bensì afascista. Io, come già ho espresso in sede di Commissione all’amico Lucifero qualche riserva su questo punto, torno ad esprimerla, perché mi sembra che questo elementare substrato ideologico nel quale tutti quanti noi uomini della democrazia possiamo convenire, si ricolleghi appunto alla nostra comune opposizione di fronte a quella che fu la lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale. Non possiamo in questo senso fare una Costituzione afascista, cioè non possiamo prescindere da quello che è stato nel nostro Paese un movimento storico di importanza grandissima, il quale nella sua negatività ha travolto per anni le coscienze e le istituzioni. Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale. (Applausi).

Guai a noi, se per una malintesa preoccupazione di serbare appunto pura la nostra Costituzione da una infiltrazione di motivi partigiani, dimenticassimo questa sostanza comune che ci unisce e la necessità di un raccordo alla situazione storica nella quale questa Costituzione italiana si pone. La Costituzione nasce in un momento di agitazioni e di emozione. Quando vi sono scontri di interessi e di intuizioni, nei momenti duri e tragici, nascono le Costituzioni, e portano di questa lotta dalla quale emergono il segno caratteristico. Non possiamo, ripeto, se non vogliamo fare della Costituzione uno strumento inefficiente, prescindere da questa comune, costante rivendicazione di libertà e di giustizia.


Morale: se avessero voluto abolire il fascismo dalla storia avrebbero fatto la costituzione “afascista“, come proponeva Lucifero, cosa che non è stata fatta per le ragioni di Moro.

Come avete potuto capire l’antifascismo costituzionale è semplicemente un “anti-totalitarismo”, lampante la definizione di Togliatti: “che non possa più essere distrutto l’ordinamento giuridico e costituzionale democratico, di cui gettiamo qui le fondamenta“. Intenzione più o meno esplicita di chi oggi, per esempio, chiede “più europa” o addirittura gli Stati Uniti d’Europa (individui o partiti che siano).

Leggendo Calamandrei appare chiaro che il partito fascista bisognava bandirlo per il “contenuto”, infatti l’articolo 18 della Costituzione recita:

« I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. »

Questo è, di fatto il partito fascista: un’organizzazione militare che persegue scopi politici. Il divieto di rioganizzazione del disciolto partito fascista sta nella XII disposizione transitoria, proprio perché i costituenti sapevano che il nome “fascismo” era transitorio!

E per concludere una chicca, sempre di Calamandrei, nello stesso discorso del 4 marzo 1947, nella sua parte finale.

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/Assemblea/sed049/sed049nc.pdf (pag 33)

Ho finito così, onorevoli colleghi, le mie osservazioni di carattere generale sulla nuova Costituzione. Vi ringrazio di avermi ascoltato con tanta benevolenza e così a lungo.

Vedete, colleghi, bisogna cercare di considerare questo nostro lavoro non come un lavoro di ordinaria amministrazione, come un lavoro provvisorio del quale ci si possa sbrigare alla meglio. Qui c’è l’impegno di tutto un popolo. Questo è veramente un momento solenne. Sento un certo ritegno, un certo pudore a pronunziare queste grandi parole: si fa presto a scivolare nella retorica. Eppure qui veramente c’è nelle cose questa solennità, e non si può non sentirla; questa solennità che non è fatta di frasi adorne, ma di semplicità, di serietà e di lealtà: sopratutto di lealtà.

Questo che noi facciamo è il lavoro che un popolo di lavoratori ci ha affidato, e bisogna sforzarci di portarlo a compimento meglio che si può, lealmente e seriamente. Non bisogna dire, come da qualcuno ho udito anche qui, che questa è una Costituzione provvisoria che durerà poco e che, di qui a poco, si dovrà rifare. No: questa dev’essere una Costituzione destinata a durare.

Dobbiamo volere che duri; metterci dentro la nostra volontà. In questa democrazia nascente dobbiamo crederci, e salvarla così con la nostra fede e non disperderla in schermaglie di politica spicciola e avvelenata.

Se noi siamo qui a parlare liberamente in quest’aula, in cui una sciagurata voce irrise e vilipese venticinque anni fa le istituzioni parlamentari, è perché per venti anni qualcuno ha continuato a credere nella democrazia, e questa sua religione ha testimoniato con la prigionia, l’esilio e la morte.

Io mi domando, onorevoli colleghi, come i nostri posteri tra cento anni giudicheranno questa nostra Assemblea Costituente: se la sentiranno alta e solenne come noi sentiamo oggi alta e solenne la Costituente Romana, dove un secolo fa sedeva e parlava Giuseppe Mazzini. Io credo di sì: credo che i nostri posteri sentiranno più di noi, tra un secolo, che da questa nostra Costituente è nata veramente una nuova storia: e si immagineranno, come sempre avviene che con l’andar dei secoli la storia si trasfiguri nella leggenda, che in questa nostra Assemblea, mentre si discuteva della nuova Costituzione Repubblicana, seduti su questi scranni non siamo stati noi, uomini effimeri di cui i nomi saranno cancellati e dimenticati, ma sia stato tutto un popolo di morti, di quei morti, che noi conosciamo ad uno ad uno, caduti nelle nostre file, nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e nelle pianure, nelle steppe russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei deserti, da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci, fino ai giovinetti partigiani, fino al sacrificio di Anna-Maria Enriquez e di Tina Lorenzoni, nelle quali l’eroismo è giunto alla soglia della santità.

Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all’Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore.

Assai poco, in verità, chiedono a noi i nostri morti.

Non dobbiamo tradirli. (Vivissimi, generali applausi — Moltissime congratulazioni).