Lelio Basso contro la legge truffa, discorsi del 1953

Ho trovato negli archivi della prima legislatura due discorsi di Lelio Basso sulla cosiddetta “legge truffa” (qui tutta la discussione) un tentativo – fallito – di eliminare il proporzionale puro ossia l’unica e sola legge elettorale di garanzia democratica.

Legge che infatti fu abolita alla fine della prima repubblica, che venne sostituita dal Mattarellum, ma questa è un’altra storia, torniamo agli anni 50.

Vi propongo due discorsi di Basso a rigurado, il primo del 16 gennaio 1953, il secondo il 18 gennaio 1953, pronunciati nella camera dei deputati. Buona lettura


SEDUTA DI VENERDÌ 16 GENNAIO 1953 (FONTE ORIGINALE)

(pag 5)

Onorevoli colleghi, dietro ogni articolo della Costituzione, dietro ogni diritto sancito dalla Costituzione, che noi invochiamo e difendiamo, dietro, gli articoli del nostro regolamento, persino dietro le formule tecniche ed aride, dietro le parole togate del regolamento, dietro ognuna di queste disposizioni sta una lunga storia di lotte e di patimenti, stanno i sacrifici sostenuti da generazioni e generazioni di milioni di uomini che hanno combattuto per conseguire questi diritti, sta lo sforzo collettivo e diuturno di popoli che si sono battuti perché nelle carte costituzionali e nei regolamenti delle assemblee legislative certi principi fossero inseriti. Dietro ognuna di queste formule che possono sembrare aridamente tecniche, stanno queste lotte e questi sacrifici, sta quell’anelito di libertà che ormai da secoli è diventato il tema fondamentale della nostra storia, così come dietro ogni vostro cavillo procedurale, dietro ogni vostro arzigogolato sofisma, dietro il sopruso mascherato di legalità, sta una somma di ben individuati interessi, sta la pressione di forze ben determinate.

Parliamo dunque di procedura, se volete, parliamo di diritto, se volete, e scusate se chi vi parla non è un illustre giurista, non e un professore di diritto, ma un modesto professionista, che molti anni fa (decenni, ormai) ha imparato sui banchi dell’università i principi generali del diritto, e nel corso della sua vita ha avuto modo di confrontarli con l’esperienza delle lotte sociali. (…)

(pag 12-16)

Le costituzioni si tagliano sulla misura dei paesi. Ed è evidente che, secondo il grado minore o maggiore di coscienza democratica, secondo le abitudini di vita parlamentare, secondo la maggiore o minore antichità delle tradizioni democratiche, è possibile consentire maggiore o minore ampiezza di poteri e di facoltà discrezionali al Governo e agli organi dell’esecutivo. La Francia si è fatta una costituzione in cui ha introdotto e disciplinato questo istituto, ma la Francia era in una situazione assolutamente opposta alla nostra. Salvo il breve periodo del governo di Poincarè, la Francia non ebbe certamente da lamentarsi, nel periodo fra le due guerre, di una eccessiva stabilita ministeriale. La Francia non aveva avuto un governo presidenziale; semmai, aveva avuto all’opposto un governo di assemblea, crisi continue di governo, ed era logico che essa, sulla base di questa sua esperienza, si tagliasse una costituzione per la sua misura, e vi introducesse istituti atti e garantire la stabilità del governo.

Noi purtroppo abbiamo fatto un’esperienza opposta, non abbiamo fatto una esperienza di governo, di assemblea, di continue crisi ministeriali, ma la nostra esperienza costituzionale è fatta di regimi di lunga durata, di una successione di governi personali e dittatoriali. Noi dobbiamo farci la Costituzione e la prassi costituzionale sulla nostra misura, per difendere cioè la nostra fragile democrazia da ogni arbitrio dell’esecutivo.

Se il pericolo che minaccia la quarta repubblica francese è il pericolo della instabilità governativa, il pericolo che minaccia la democrazia italiana è viceversa il governo dittatoriale, il governo che si installa per 10, per 20 anni e non abbandona più la poltrona governativa.

È sulla base di questa nostra esperienza che noi ci opponiamo con tutte le nostre energie al vostro abuso e denunciamo questo primo tentativo, che sarebbe certamente destinato a prolificare qualora avesse successo e sarebbe certamente destinato a preparare, attraverso una serie di umiliazioni progressive, la diminuzione dei poteri dell’Assemblea, lo svuotamento dell’Assemblea, la rinunzia della facoltà emendativa, l’instaurazione del governo presidenziale.

Noi denunciamo questo abuso con forza e con asprezza perché sappiamo quali sono i pericoli del silenzio e della complice tolleranza nel nostro paese. Ogni paese si trascina le sue malattie, e sappiamo quanto siano tenaci e resistenti nel nostro i residui di una malattia che non vuol morire: un passato di idee, di istituti, di tradizioni, di interessi che resiste ancora, che dura ancora e che rappresenta oggi il sostegno di questo Governo, come lo rappresentò di un altro governo.

Noi sappiamo che tra le ragioni che determinarono il crollo della repubblica di Weimar vi fu proprio questa continuità di tradizione fra quello che si era chiamato Obrigkeitsstaat e quello che fu chiamato Volksstaat, che mutò, si, interamente, la facciata giuridica, ma che accettò in eredità una tendenza al governo dittatoriale o presidenziale, allo svuotamento del potere legislativo, all’abbassamento della funzione parlamentare, per cui, nonostante i presidi che la costituzione di Weimar aveva cercato di introdurre, la repubblica di Weirnar tramontò lasciando il posto ad una dittatura peggiore della precedente.

Quindi, è perché noi siamo consci di questa tradizione che è imita nella nostra vita pubblica, è perché noi misuriamo quali sono i pericoli che minacciano la vita pubblica del nostro paese, è per questo che noi consideriamo con particolare gravità questo nuovo atto con il quale si vuole sfidare la Costituzione repubblicana e creare un precedente pericolosissimo di umiliazione del Parlamento. (…)

Noi sappiamo che ogni momento di debolezza nella difesa di una vita democratica prepara la successiva usurpazione. Noi sappiamo che qualunque siano state le ragioni concrete e specifiche del momento che hanno determinato la vittoria del fascismo in Italia, a prepararla ha indubbiamente contribuito tutto ciò che di non democratico preesisteva nella nostra vita costituzionale: i metodi elettorali di Giolitti e il metodo a cui era ricorso il governo Salandra nel 1915 per forzare la volontà del Parlamento, per umiliare il Parlamento. Tutto questo aveva servito a preparare un clima di esautoramento del nostro regime parlamentare, di distruzione delle nostre libertà democratiche, di avvento della dittatura. E su questa strada di scalzamento graduale delle istituzioni, di sostituzione graduale di un potere dittatoriale a un governo democratico, la democrazia cristiana ha in se stessa, nella sua famiglia internazionale, esempi molto autorevoli, perché chi preparò veramente l’avvento di Hitler fu il governo di Bruning, che formalmente rispettò la costituzione, ma che la, distrusse nella sostanza, che governò contro e senza il Parlamento che ridusse veramente la vita della repubblica di Weimar a una vita fantomatica dal punto di vista del funzionamento degli istituti parlamentari; e che preparò, per quella strada, l’avvento alla dittatura che ha poi portato allo sconvolgimento di tutta l’Europa. (…)

Ecco perché noi, onorevole Codacci-Pisanelli (e rispondo con ciò alla sua interruzione), qui difendiamo, come difenderemo, disperatamente il regolamento, chiedendone insistentemente l’applicazione, servendoci fino all’ultimo dei diritti regolamentari, per impedire che si consumino questa ed altre sopraffazioni. Con ciò noi non compiamo un atto di sviamento di potere; al contrario: noi esercitiamo il diritto e il dovere che abbiamo come rappresentanti del popolo di fare in modo che il Parlamento funzioni come deve, secondo il suo regolamento, secondo la Costituzione. Facciamo il nostro dovere davanti al popolo, ed esercitiamo un nostro diritto, cercando di impedire la violazione della Costituzione, che si realizzerebbe attraverso l’approvazione della legge elettorale. Perché noi non possiamo accettare, in questa materia, la vostra sentenza; non vi riconosciamo il diritto di erigervi a giudici della vostra costituzionalità. (…)

Voi vi siete arrogati – ed ecco un altro esempio di quello che io ho chiamato colpo di Stato – questo diritto, che non avete, di giudicare della costituzionalità delle leggi; vi siete arrogati questo diritto, che non avete per Costituzione, di sottrarvi al giudizio popolare; vi siete arrogati questi diritti che non avete, e volete contestare a noi, viceversa, di servirci dei diritti che abbiamo per impedire queste vostre continue sopraffazioni! (…)

Ma, dietro a questo problema giuridico, vi sono dei profondi problemi di sostanza: sostanza, ancor più che politica, sociale. Sono in atto oggi nel mondo, nel nostro mondo occidentale, due tendenze profondamente contrastanti, che si affrontano e si combattono.

Vi è una tendenza ad una crescente democrazia della vita pubblica, tendenza ad una partecipazione sempre più diffusa di tutti i cittadini di qualsiasi paese alla direzione della vita politica, economica e sociale dei loro paesi: una coscienza democratica la quale tocca strati sempre più lontani della popolazione che fino a pochi anni fa non partecipavano alla vita politica: una coscienza democratica che si diffonde, si sviluppa e si estrinseca in questa volontà di partecipazione effettiva, sostanziale e non soltanto formale.

Vi è, viceversa, un’altra tendenza, che è diffusa in tutti i paesi capitalistici ed è presente anche nel nostro, ed è la tendenza a regimi sempre più accentrati, perché la concentrazione della ricchezza, la concentrazione del potere economico esige come corrispettivo una concentrazione di poteri politici. Perché, quando in un paese dominano gli interessi di pochi grandi gruppi monopolistici, questi gruppi monopolistici hanno bisogno che la politica dello Stato rifletta direttamente i loro interessi, le loro volontà; hanno bisogno che il Governo esprima direttamente quello che essi vogliono e che lo attui. Questi gruppi monopolistici non possono abbandonarsi alle fantasie sbrigliate della democrazia. Vi è, quindi, questa duplice tendenza che contrasta profondamente in tutti i paesi del mondo capitalistico.

Vi è la tendenza a questa crescente diffusione della coscienza democratica, la tendenza ad un maggior sviluppo della vita democratica, e si fa sempre più vivo il bisogno di una maggiore partecipazione alla vita pubblica di più larghi strati del popolo. Noi, onorevoli colleghi, rappresentiamo questa tendenza. Vi è l’altra tendenza, viceversa, quella del concentramento del potere pubblico in poche mani, la tendenza ai regimi totalitari, ai regimi dittatoriali (ed è appunto la tendenza che si vuole riproporre nel nostro paese, la stessa che determinò l’esperienza fascista), e questa tendenza è rappresentata da voi, onorevoli colleghi della maggioranza.

Queste due tendenze si sono già affrontate nel primo dopoguerra, e parve, nei primi anni del primo dopoguerra, che dovesse vincere senza quasi contrasti la tendenza, democratica, la tendenza che rappresentava lo sviluppo sempre maggiore della democrazia nei diversi paesi e una partecipazione sempre più vasta di masse popolari alla direzione di questi paesi. Sopravvenne poi la crisi mondiale, sopravvennero su larga scala i regimi fascisti, e prevalse invece la tendenza al concentramento dei poteri, alla formazione dei regimi totalitari.

Ebbene, onorevoli colleghi, la lotta riprende oggi, e questa nostra battaglia è soltanto un aspetto di questa grande lotta. Che cosa credete voi che difendano i contadini che prendono per la prima volta la penna. nella, mano malferma per vergare con caratteri incerti la loro ferma protesta? Che cosa credete che difendano le delegazioni che affluiscono sempre più numerose alla Camera ? E ve ne sono anche in questi giorni, anche oggi in tribuna, e fra di esse vi sono anche rappresentanti di famiglie che hanno avuto delle vittime per questa battaglia, vittime che sono state colpite a Celano dalle violenze della vostra polizia (Vivi applausi all’estrema sinistra – Interruzioni al centro e a destra)

Che cosa credete che difendano le delegazioni, che – ripeto – affluiscono sempre più numerose alla Camera, che voi credete di poter schernire, ma che poi ritornano ai loro paesi portando la voce di quello che qui hanno visto e ascoltato e si fanno centro di diffusione di altre proteste? Che cosa credete che difendano i dimostranti che la vostra polizia disperde, arresta e ferisce? Che cosa credete che difendano costoro se non questa tendenza democratica ad una partecipazione sempre più vasta alla vita pubblica? Che cosa credete che difendano se non questo loro diritto a partecipare da uomini uguali agli altri, come dice la Costituzione, alla direzione della vita del paese? Questi uomini si battono per non essere classificati uomini di secondo rango, elettori di minor conto, per non essere considerati cittadini dimezzati, come voi vorreste fare con questa vostra legge. Ebbene, onorevoli colleghi, noi ci battiamo con loro, noi che li rappresentiamo in Parlamento. La storia risolverà questo grande contrasto fra queste due tendenze, fra questi due principi che si contendono il campo. Ma bisogna ad ogni ora, ad ogni momento della nostra vita, trovare un equilibrio che non sia una sopraffazione. Voi mostrate di non averlo compreso, e perciò noi difendiamo passo passo le posizioni acquisite, non cederemo di un pollice senza contrastarvi il cammino e con riusciremo a nessuna possibilità, coscienti che in questa materia ogni acquiescenza sarebbe viltà, ogni rinuncia tradimento.


SEDUTA DI DOMENICA 18 GENNAIO 1953 (FONTE ORIGINALE)

(pag 290-292)

Perché, che altro abbiamo ascoltato noi in questa discussione, anche prima che la fiducia fosse formalmente posta, se non questo continuo ricorrente argomento della necessità che l’attuale maggioranza resti maggioranza, che l’attuale Governo resti al potere, in virtù di una pretesa verità democratica, di cui sarebbe portatore? Argomenti tecnici e politici, giuridici e morali, la cui pertinenza o la cui gravità sono stati espressamente riconosciuti dai nostri avversari, non hanno però mai trovato altra risposta all’infuori di questo monotono ritornello: a momento eccezionale rimedio eccezionale, salus rei publicae suprema lex. Essendo naturalmente inteso che il momento e eccezionale soltanto perché il Governo corre rischio di non poter più disporre di una solida maggioranza nella prossima Camera, e il rimedio eccezionale consiste allora nel rinnovargli in modo affatto incostituzionale un mandato di fiducia, nell’affidare cioè le sorti del nostro paese – contro quelli che possono essere i risultati del suffragio popolare – alle virtù provvidenziali di un partito e di un uomo, perché la loro pretesa lealtà democratica darebbe tale affidamento che le si potrebbe addirittura consentire di strappare gli statuti della nostra democrazia.

Strana lealtà democratica questa, che si manifesta appunto strappando gli statuti della nostra democrazia e calpestandone i principi, e strana soprattutto questa invocata eccezionalità del momento che richiederebbe così eroico rimedio. Perché, onorevoli colleghi, quello che ci viene presentato come eccezionale, come pericoloso per la democrazia parlamentare, quello che deve autorizzare la maggioranza a « far man bassa » della nostra Costituzione è semplicemente quello che fu sempre considerato come l’essenza e la norma di ogni regime parlamentare, cioè la possibilità del formarsi di una nuova maggioranza, la possibilità di una alternativa nella normale vicenda del potere.

Onorevoli colleghi, per quanto voi vi siate sforzati di soffocare questa discussione, di varare la vostra legge eccezionale con eccezionali interpretazioni della prassi e del regolamento, per quanto abbiate cercato di presentare al paese questo nostro legittimo desiderio di assolvere alla nostra funzione parlamentare come un’inaudita sopraffazione di una minoranza, che osa nientemeno pretendere una discussione quando la maggioranza ha già ricevuto l’ordine di votare, per quanto voi vi siate sforzati di evitare il più possibile questo dibattito per impedire che ne sprizzasse la verità, questo almeno il paese ha capito: che i titoli che voi rivendicate sono quegli stessi titoli all’infallibilità, alla dogmatica sicurezza, all’esclusività nella difesa degli interessi nazionali, per cui un’altra investitura fiduciaria fu data 30 anni fa ad un altro partito ed ad un altro uomo provvidenziale.

Questo è il grande merito di questa discussione e, se volete, di questo progetto di legge, questo è il significato che ha per circa una metà del paese il voto che ci apprestiamo a dare: è la scelta fra la strada della libertà e la strada della dittatura, è l’impegno d’iniziare contro il nuovo tentativo di regime la stessa lotta tenace, intransigente, nutrita di valori morali oltre che politici, che fu condotta contro il regime che vi ha preceduto. Sollevati i veli dell’ipocrisia con cui è stata presentata questa legge, appare in tutta la sua nudità la cupidigia di potere. (…)

Non è né la prima né la seconda volta che tutte le forze reazionarie del  paese si collegano in un supremo sforzo per afferare incontrollatamente il potere dello Stato, annullando di fatto il Parlamento e imbavagliando la stampa. (…)

Ecco quel che noi sentiamo, e vorremmo richiamarvi alla coscienza dell’atto che vi apprestate a compiere, alla solenne gravità dell’ora. Voi avete avuto il torto, onorevoli colleghi della maggioranza, di ridere l’altro giorno quando in questa aula l’onorevole Guadalupi ricordava i suoi figli. Anch’io sono padre di tre figli e sento che essi rappresentano non soltanto un inestimabile valore affettivo, ma anche il vincolo tangibile che mi unisce a tutta la generazione di domani. E sento che, come noi, giovani di 30 anni or sono, rimproverammo ai nostri padri di non aver saputo difendere con sufficiente fermezza le conquiste liberali che avevano ereditato, come noi rimproverammo alla generazione che ci ha preceduto di aver lasciato una triste eredità di oppressione, di odio e di morte, così noi abbiamo il dovere di fare tutto quello che sta in noi per non ricevere lo stesso rimprovero, perché la nuova generazione non debba subire anch’essa un lungo e duro periodo di oppressione, di odio e di morte. (Applausi all’estrema sinistra).