Cause di morte nella storia d’Italia: dalla Spagnola al covid-19

In questo sito di dati ne abbiamo analizzato tanti, quasi tutti a tema macroeconomico. Oggi invece parleremo dei numeri da conoscere sui morti.

Perché alla luce del “bombardamento mediatico” sul covid – presentato come fosse la peste – è ora di dare un giusto “metro” di paragone per capire con cosa abbiamo a che fare.

Quante persone muoiono ogni anno in Italia? Quali sono le cause di queste morti? Chi uccide il covid? Cominciamo dai fatti storici.

CAUSE DI MORTE NELLA STORIA ITALIANA

L’ISTAT nella pubblicazione “L’Italia in 150 anni” dedica il suo quarto capitolo il tema “sanità e salute”.

Fra le figure troviamo un grafico che mostra le cinque principali cause di morte dal 1881 fino al 2007

Nel 1918 potete ammirare una vera pandemia in azione, ovvero la Spagnola. Come vedete c’è un “boom” delle malattie infettive e parassitarie (linea blu scura) e delle malattie dell’apparato respiratorio (linea blu chiara).

Il tasso di mortalità, cioè il numero dei morti rapportato al totale della popolazione, raggiunge il picco di 1.129,9 morti ogni 100mila abitanti (o 11.299 per milione) per le malattie infettive, e di 703,8 morti ogni 100mila abitanti (7.038 per milione) per malattie dell’apparato respiratorio.

Nella seconda metà del XX secolo le principali cause di morte cambiano: erano e rimangono tuttoggi tumori e malattie all’apparato circolatorio (es infarti).

Dal 1951 al 2001 i tumori hanno registro una lenta ma costante crescita: dai 122 morti ogni 100mila abitanti fino ai 287 del 2001.

Per quanto riguarda le malattie all’apparato circolatorio, dopo il 1968 la crescita dei morti è per via di modifica al sistema classificazioni nosologiche, ossia il metodo con cui vengono rilevate le malattie, i dettagli a pagina 216.

Chiarito questo, dal 1971 al 2001 la mortalità delle malattie all’apparato circolatorio si mantiene sempre sopra i 400 morti ogni 100mila abitanti (o 4.000 per milione), per poi scendere sotto questa soglia in tempi più recenti.

CAUSE DI MORTE NEGLI ANNI 2000

Per avere i dati più recenti, dalla banca dati ISTAT prendiamo questa tabella che conta il numero dei morti dal 2003 fino al 2017, che indica anche la causa del decesso.

Nel 2017 sono morte 650.614 persone, il “podio” delle cause è così composto: malattie del sistema circolatorio (232.992 morti), tumori (180.085) e malattie del sistema respiratorio (53.372).

Dal 2003 al 2017, le prime due cause di morte, messe assieme, sono state responsabili di circa i 2/3 delle morti totali.

Adesso calcoliamo il “tasso di mortalità“, cioè il numero di morti sul totale della popolazione (media annua).

Nel 2017, per quanto riguarda i tumori, stiamo parlando di 2.975 morti ogni milione di abitanti, mentre per gli infarti di 3.849 morti per milione di abitanti.

Sotto la tabella con i dati dei morti ISTAT incrociati con quelli OCSE sulla popolazione media di metà anno, ottenendo così il tasso di mortalità dal 2003 al 2017 espresso in morti ogni milione di abitanti.

ANNOMalattie del sistema respiratorioTumoriMalattie del sistema circolatorioPopolazione media (OCSE)
2003712,82.916,34.218,257.313.200
2004592,72.885,33.784,757.685.327
2005695,42.873,03.937,157.969.482
2006614,92.900,83.785,058.143.980
2007647,02.936,93.838,458.438.309
2008642,12.937,23.834,858.826.733
2009676,02.955,93.804,559.095.367
2010654,52.952,93.738,659.277.414
2011683,02.963,43.757,459.379.446
2012729,72.978,73.865,759.539.725
2013692,52.925,53.691,060.233.944
2014683,42.916,73.622,460.789.144
2015798,92.945,33.944,160.730.585
2016767,62.960,73.660,360.627.494
2017881,62.974,83.848,860.536.713

I MORTI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Arriviamo quindi ai nostri giorni. Cosa sia il covid è ormai chiaro da molti mesi, siamo di fronte ad un virus che uccide chi è particolarmente avanti con l’età e/o ha una o più patologie pregresse.

A dirlo è l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel suo bollettino, periodicamente aggiornato. Sotto quello del 18 novembre 2020.

Prima considerazione: le zone più colpite sono le regioni del Nord, mentre la fascia d’età più colpita è quella degli ottantenni, infatti l’età media dei morti è proprio 80 anni.

Inoltre il 96,7% dei morti aveva almeno una patologia pregressa.

E per quanto riguarda il tasso di letalità (cioè il numero dei morti sul totale dei malati), quello sotto i 50 anni è dell’1,2%

Questi sono i principali dati da conoscere sul covid-19. Per avere i dati sempre aggiornati, di questa e altre pubblicazioni dell’ISS, andante sul loro sito.

L’ECCESSO DI MORTALITÀ

Nel 2015 morirono 646mila persone, con un incremento dei morti del +8% rispetto alla media del 2010-14 (pari a 598mila morti).

Si tratta di un dato ampiamente consolidato, che evidentemente non importava a nessuno.

Per sapere il numero dei morti del 2020, andiamo a leggere l’ultimo bollettino dell’ISTAT, dove troviamo questa tabella

Guardiamo l’ultima riga: da gennaio a febbraio abbiamo avuto il -7% di morti rispetto alla media del 2015-19, da marzo a maggio il +31%, da giugno a luglio -1,2%, da agosto a settembre il +3,7%.

Prendendo i dati cumulativi disponibili sul 2020, da gennaio a settembre, si è avuto un incremento dei morti del +9% rispetto alla media dei morti del 2015-19, un valore non così distante dall’+8% del 2015 rispetto la media 2010-14.

In attesa di avere i dati di tutto il 2020, i covidioti si sono erano già scatenati con un bel “beccatevi questo negazionisti!!!“. Scommettiamo che sono le stesse persone se ne sono strafregate del boom del 2015?

Peccato che, come diceva prima dell’ISS, il numero dei morti di solo covid sia una percentuale infima, dicevamo poco più del 3%.

Sempre l’Istituto superiore di sanità fornisce giornalmente il conteggio dei morti su questo link, al 12 dicembre 2020 risultano 60.925 morti “ufficiali”.

Incrociando i dati, per quanto riguarda i morti esclusivamente per covid – al 9 dicembre 2020 la percentuale è addirittura scesa al 3,1% – dunque non si arriva nemmeno a 2.000 persone.

Per quanto riguarda la letalità attualmente è al 3,4% (calcolata sul totale dei morti), la serie di quest’anno la si può ricostruire con il portale “Our World in data“, nella sezione dedicata al coronavirus.

A metà anno come vedete il tasso di letalità ha sfiorato il 14% per poi crollare sotto il 4% delle ultime settimane.

Il numero cumulativo dei morti, rapportato alla popolazione, ha da poco superato i 1.000 decessi ogni milione di abitanti.

Con l’anno che ormai sta per finire, come vedete, è un valore lontanissimo dai 3.000-4.000 morti per tumori o malattie cardiocircolatorie, quindi arriviamo all’ultimo punto.

MORTI DI “SERIE A” E MORTI DI “SERIE B”

In tutta questa storia è evidente di come, prima del coronavirus, sia del numero di morti che delle cause importava poco e nulla all’opinione pubblica.

Benché sia chiaro che non abbiamo a vedere con nulla di catastrofico, i media lo rilanciano come se fosse peste o ebola.

Dicevamo che le malattie all’apparato circolatorio sono da almeno 70 anni la principale causa di morte in Italia, ok? Nel silenzio generale a marzo 2020 c’è stato un boom di morti per infarto.

Lo afferma la FOCE (Federazione Oncologi Cardiologi Ematologi) nata poche settimane fa, in questo comunicato.

« Roma, 23 novembre 2020 – “Denunciamo la gravissima situazione che si sta determinando negli ospedali del nostro Paese a danno dei pazienti cardiologici a causa della pandemia. Dalla Lombardia alla Sicilia vengono ridotti i posti letto cardiologici per fare posto ai pazienti Covid, addirittura vengono chiuse intere unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC) e convertite in terapie intensive per pazienti Covid.

L’intasamento dei Pronto Soccorso ed i percorsi promiscui in questi servizi di pronto intervento, che provocano i contagi del personale medico ed infermieristico, stanno inoltre determinando la paralisi delle attività di importanti hub cardiologici. Non possiamo permettere che si protragga questa situazione, il rischio concreto è di avere nelle prossime settimane più morti per infarto che per Covid perché le patologie cardiovascolari sono tempo-dipendenti”. È l’allarme lanciato da FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), di fronte al progressivo depauperamento delle cardiologie e delle terapie intensive cardiologiche.

“Durante la prima ondata della pandemia, uno studio della Società Italiana di Cardiologia (SIC), condotto in 54 ospedali italiani, ha valutato la mortalità dei pazienti acuti ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva Coronarica, confrontandola con quella dello stesso periodo dello scorso anno – afferma il Prof. Ciro Indolfi, Vicepresidente FOCE e Presidente SIC -. A marzo 2020, si è registrata una mortalità tre volte maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019, passando al 13,7% dal 4,1 %. Un aumento dovuto nella maggior parte dei casi a un infarto non trattato o trattato tardivamente.

La tempestività dell’intervento può fare la differenza fra la vita e la morte. Ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento di un infarto miocardico grave, la mortalità aumenta del 3% e un intervento successivo ai 90 minuti dall’esordio dei sintomi può addirittura quadruplicare la mortalità. Non possiamo permettere il depotenziamento delle cardiologie ed è necessario ri-organizzare negli ospedali percorsi ad hoc per i pazienti cardiopatici acuti che dal territorio si ricoverano in urgenza” (…) »

TRA PERCEZIONE E REALTÀ DEI FATTI

Nessuno nega l’esistenza del covid, o minimizza i morti: dal punto di vista umano ogni singolo caso è una tragedia, ma nessuno finora si era mai sognato di bloccare un Paese.

Il vero problema è la gestione politica dell’emergenza, soprattutto alla luce del fatto che i “rimedi” sembrano fare molti più danni del virus in sé.

Se vige il principio – ed è falso – che la vita viene prima di tutto il resto, perché il mondo intero non si è mai fermato per i milioni di morti per malattie cardivascolari o di cancro?

Evidentemente erano tutti morti di “serie B”. Il grafico è sempre preso da “Our World in data” dove c’è anche una sezione dedicata alle cause di morte in generale.

E in effetti il ruolo catastrofista dei media ha amplificato a dismisura la percezione di un pericolo esistente. Facciamo un altro esempio dei nostri tempi.

Le vittime del terrorismo sono assai note all’opinione pubblica, ma nel 2017 erano la penultima causa di morte nel mondo (26.445).

Eppure rimane un pericolo assai percepito: tutti ricordiamo cosa facevamo l’11 settembre 2001, tutti conosciamo gli attentati che ha subìto la Francia negli ultimi anni.

Ma se dovessimo basarci sui numeri “nudi e crudi”, il terrorismo dovrebbe fare ben poco terrore, sempre nel 2017 ci sono stati più morti per… ustioni (53.000 vittime).

PROBLEMA-REAZIONE-SOLUZIONE

Lo avevemo già capito prima della pandemia, ora ne abbiamo l’ennesima confema: attenzione a cosa “pompano” i media.

Perché già con la scusa di proteggere la popolazione – dal terrorismo ieri dal virus oggi – i governi imporranno soluzioni che, in condizioni normali, non sarebbero mai state accettate dalla popolazione.

Si veda ad esempio il cosiddetto “lockdown“, già attuato e che non ha precedenti nella storia dell’umanità, nemmeno durante la peste.

https://youtu.be/tzqhhvff1tw

Per chi avesse un’oretta da perdere, consiglio caldamente la visione di quest’intervista al medico Paolo Gulisano sulla storia delle pandemie, nel video si ricalcano alcuni dati citati in questo articolo. Ne vale davvero la pena.

Chiusa parentesi, vedrete che molto presto arriveranno tanti altri “regalini” per farci accettare la “nuova normalità“, per ulteriori dettagli leggere le conclusioni dell’ultimo consiglio europeo del 10-11 dicembre 2020.

Ma della gestione politica dell’emergenza sanitaria ne parleremo approfonditamente un’altra volta.